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Il Film della settimana: Storia di un fantasma (2017)

storia di un fantasma

Iniziamo questa nuova settimana con un film che apparentemente racconta una storia di paura. Ma l’apparenza del titolo inganna: nel film Storia di un Fantasma non c’è nessun elemento di tensione o di orrore, ma pura filosofia metafisica mostrata attraverso uno sguardo sul mondo, sul tempo e lo spazio assistendo alla vita, fatta di solitudine, di un fantasma alla ricerca del suo amore perduto.

Una riflessione sulla perdita e il lutto: cosa significa perdere una persona amata e immaginare come era, è e sarà il mondo al di là delle nostre fragili e temporanee vite.

Storia di un fantasma (titolo originale A Ghost Story) di David Lowery è un film drammatico e romantico, considerato dal sito Indiewire.com come uno dei migliori cento film del decennio 2010-2019.

Storia di un fantasma: trama e recensione

storia di un fantasma

C (Casey Affleck, vincitore del premio Oscar 2017 come miglior attore protagonista) e M (Rooney Mara) sono una coppia che vive in una modesta villetta di periferia. Lui è un musicista e compositore, tenero e amorevole, ma a volte anche distratto e lunatico, spesso preso completamente dalla sua musica. Lei è desiderosa di andare via, ma ha un attaccamento a questa vecchia casa, una sorta di riluttanza nel lasciarla, nonostante l’imminente trasloco. Purtroppo il loro percorso di vita insieme termina con la morte del protagonista, che viene ucciso in un incidente d’auto. Il suo spirito sopravvive, nel lenzuolo che lo ha coperto all’obitorio.

La grandezza dell’opera e la bravura del regista riguarda la capacità di non essere caduto nel ridicolo. Il fantasma non ha effetti speciali, è rappresentato in modo classico e quasi infantile da un lenzuolo bianco con due buchi all’altezza degli occhi.

Il modo in cui compare in scena e lo stile narrativo riescono a far entrare questo particolare personaggio nel cuore dello spettatore. Tale operazione non è semplice, anche per il fatto di aver reso il fantasma protagonista del film.

Fedele e muto come un cane invisibile, l’entità ritorna nella casa in cui ha vissuto con M, che trascorre le sue giornate nella solitudine e nella disperazione. Alla fine lei riprende con la sua vita, conosce un altro uomo, lascia definitivamente la casa, scrivendo un messaggio segreto su un pezzo di carta e facendolo scivolare in una fessura nella cornice della porta. Il fantasma rimane bloccato lì, non potrà seguirla, incapace di raccogliere il foglio e condannato a vagare per la casa, a sorvegliare tutti i suoi inquilini successivi, fino alla demolizione.

C’è una sorta di romanticismo sentimentale nella silenziosa determinazione del fantasma. Lowery conferisce una dimensione fisica al suo fantasma, una forza di volontà tale da valicare una barriera non oltrepassabile, in grado si sedimentarsi e sopravvivere per ere intere, ma comunque incapace di diminuire una distanza che nemmeno la circolarità del tempo può colmare. Perché, come realizza anche il fantasma vicino di casa, quando si rende conto che nessuno tornerà per lui dopo la demolizione della casa, l’unica cosa che resta da fare è scomparire.

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Al di là della delicata semplicità della trama, gran parte del fascino di A Ghost Story risiede in un ammaliante impianto estetico, nel quale lente panoramiche esplorative e pochissimi dialoghi si alternano a un montaggio che ben illustra la relatività del tempo che passa inesorabile, il tutto corredato da un insolito formato 4:3 dai bordi arrotondati che comprime lo sguardo dello spettatore all’interno di un universo dominato dal silenzio, un mondo fatto solo d’immagine nel quale la parola sembra non trovare posto.

Il film di David Lowery è una storia che rimanda al concetto dell’amore eterno, e più precisamente a quello dopo la morte. Il processo è lento, soprattutto nelle prime fasi dell’opera, sempre condita da una ripresa intelligente e arguta, ed a tratti, poetica.

Un modo davvero originale per raccontare cose già ampiamente raccontate: le faccende rimaste in sospeso che creano prigioni mentali, la ciclicità del tempo, la solitudine, l’elaborazione del lutto.

Tutto questo, però, attraverso la prospettiva atipica del defunto, del fantasma. Un tipico fantasma reso così striminzito nella struttura narrativa da risultare estremamente profondo dal punto di vista emotivo e filosofico.

“Sto aspettando” dice la vicina di casa “Chi?” chiede C, “Non ricordo” risponde tristemente l’altra. 

Storia di un fantasma

Ileana Barilla

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