Questa settimana parleremo di una trasposizione cinematografica di un famosissimo romanzo: Il Grande Gatsby di Baz Luhrmann.

Il grande Gatsby: trama e recensione
Nella primavera del 1922, il giovane Nick Carraway (Tobey Maguire) si trasferisce a Long Island, in una villetta che confina con la meravigliosa villa di Gatsby, un misterioso milionario che è solito organizzare feste memorabili e del quale si dice di tutto, ma si sa molto poco.
Cugino della bella e sofisticata Daisy Buchanan (Carey Mulligan), moglie di un ex campione di polo, Nick viene a conoscenza del passato intercorso tra Daisy e Gatsby e si presta ad ospitare un incontro tra i due, a cinque anni di distanza. Travolto dal clima ruggente dell’età del jazz, da fiumi di alcol e dalla tragedia di un amore impossibile, Nick si scoprirà testimone, complice e disgustato, del tramonto del sogno americano.
La rilettura firmata Baz Luhrmann carica l’impianto visivo creando una festa di colori e di luci che restano impressi durante tutta la visione del film, che danno un’atmosfera quasi fiabesca e un’aria festosa.
Il regista australiano sa animare come pochi altri una festa cinematografica e qui lo conferma a più riprese, sulle note di un r’n’b contemporaneo che aspira a giocare il ruolo inebriante che all’epoca giocava il jazz. Ma c’è anche un’anima, nel romanzo, autobiografica e disperata, che parla molto più in sordina di quanto.
Tobey Maguire, nei panni di Nick Carraway, scuce finalmente il suo volto dall’associazione con i precedenti spiderman, mentre il Gatsby di Leonardo Di Caprio è straordinario nella performance silenziosa e nella restituzione della solitudine del sognatore e dell’ambizioso.
Insistendo sul tema del guardare e dell’essere guardati, è il regista stesso a fornire un’indicazione per la lettura del suo lavoro. Nick è un osservatore della vita, un voyeur, Gatsby ha la fama di essere una spia e vive per raggiungere quella luce verde al di là dell’acqua che guarda senza posa, i due si tengono sotto controllo dalle rispettive finestre, mentre un paio di giganteschi occhi maschili scruta come un dio pagano il distretto operaio dove i ricchi sostano per il tempo dei loro sporchi comodi.
Te lo consiglio perché
Questa versione de Il grande Gatsby rilegge con ritmo, atmosfera e stile fiammeggiante il capolavoro di Francis Scott Fitzgerald sulla caduta di valori nella società americana prima della crisi del ’29, e sulla perdita di identità di un uomo a causa di un amore impossibile. In sintonia con i tempi attuali il film (come il romanzo) rende ancora valida oggi la metafora del disfacimento sociale e morale di un mondo destinato inevitabilmente alla crisi.
La pellicola coinvolge gli occhi e le orecchie dello spettatore: l’aspetto visivo-sonoro è ammirevole, la narrazione godibile, così come la ricchezza di temi. Tutto il cast interpreta magistralmente i personaggi.
Nella sceneggiatura, scritta dal regista con Craig Percie, si possono ritrovare i molti temi del libro: la solitudine, l’illusione dell’amore, il tempo giovanile e passato che non ritornano, l’ipocrisia della società, il ritratto tragico di un uomo che fa e possiede tutto solo per conquistare l’amore di una donna.
E proprio quest’ultimo è in fondo l’aspetto che più rapisce: l’immensa figura di Gatsby. Il Gatsby malinconico, orgoglioso, bugiardo, contrabbandiere, speranzoso, fatalmente attratto e rovinato da un sogno che è già alle sue spalle, senza che se ne renda conto. Di Gatsby colpisce la sua ambizione, idealistica e impossibile; il suo romanticismo, tenero ma irrealizzabile. È l’ingenuo sfruttatore di una società corrotta, e al tempo stesso anche la sua innocente vittima. Vittima di un sogno individuale (diventare diverso per amore di Daisy) che non potrà mai afferrare, ma anche di quello collettivo (il Sogno Americano nell’ottica sfrenata e avida) destinato di lì a poco a finire. Ancora una volta è il suo grandioso ritratto a farci provare comprensione e pietà per lui, malgrado tutto.
La mia vita deve puntare in alto, deve andare avanti!
Jay Gatsby