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Il film della settimana: House of Gucci (2021)

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Questa settimana parliamo di un film piuttosto recente, che racconta un fatto di cronaca italiana: House of Gucci di Ridley Scott.

La pellicola è incentrata sul fatto di sangue che ha colpito la nota famiglia italiana della moda con l’assassinio di Maurizio Gucci il 27 marzo 1995.

House of Gucci: trama e recensione

Milano, anni ’70. Patrizia Reggiani (Lady Gaga) conosce a una festa Maurizio Gucci (Adam Driver), rampollo della dinastia Gucci, una delle più celebri nel mondo della moda. Nasce una storia d’amore, dapprima osteggiata dal patriarca della famiglia, Rodolfo Gucci, ma poi arriva il matrimonio e i figli.

La sfrenata ambizione della donna, che vorrebbe indirizzare le politiche aziendali del marchio Gucci, la porterà a tessere spericolate strategie, come quelle con lo zio del marito, Aldo Gucci (Al Pacino), che incrineranno i rapporti familiari, innescando una spirale incontrollata di tradimenti, decadenza, vendette. Fino a un tragico epilogo, cronaca nera del nostro paese.

Una scacchiera intricata e complessa, nella quale la Reggiani muove il marito Maurizio come una pedina. Fino a quando quest’ultimo non decide di spezzare il legame: una scelta che si rivelerà fatale.

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Ridley Scott mostra in House of Gucci un’intera famiglia immobilizzata, congelata, legata a un passato glorioso, ma irrimediabilmente superato. Complice anche l’assenza di un vero e proprio leader: Aldo Gucci è alle prese col commercio delle imitazioni e prepara lo sbarco nei centri commerciali, mentre il fratello Rodolfo Gucci, interpretato da Jeremy Irons, vive la sua distanza finto aristocratica da tutto e da tutti: «Gucci è da museo, non da centro commerciale».

Tutto, a questo punto, in House Of Gucci si fa fiammeggiante melodramma imploso, i colori della fotografia di Dariusz Wolski si ingrigiscono. Le vite ingabbiate, per via dei ruoli sociali, lo diventano realmente: Aldo Gucci finisce in carcere per evasione fiscale, Maurizio Gucci entra ed esce dalle porte girevoli della sua stessa azienda in due sequenze speculari mirabilmente ritmate dal montaggio di Claire Simpson e Patrizia Reggiani prenderà la decisione finale che l’ha resa protagonista della cronaca nera del periodo.

Una discesa agli inferi sostenuta da un eccellente cast, che interpreta magistralmente i meccanismi messi in moto da una grande azienda a carattere familiare.

Il regista racconta un viaggio, dalla seduzione all’odio, in meno di 30 anni, rispecchiato con ironica tragicità nelle due ore e trentotto di questo film, che è tutto una sorpresa.

Nel nome del padre, del figlio e della famiglia Gucci.

Patrizia Reggiani

Ileana Barilla

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