Uscito nel 2005, l’album Takk… (“Grazie…”) si trova di fronte alla sfida impegnativa di eguagliare il successo del suo predecessore, elogiato più volte come un capolavoro dalla critica. I testi, dopo l’intermezzo in “hopelandic”, ritornano ad essere scritti in islandese, con alcune eccezioni, e si caratterizzano anche per il ritorno di titoli espliciti per le singole canzoni.
Prima dell’effettiva pubblicazione dell’album, c’erano numerose preoccupazioni da parte del pubblico e della critica specializzata. Si diffondeva l’opinione comune che una band che firma con una major e si allontana così dal circuito underground rischi di semplificare e commercializzare la propria musica, soprattutto a causa delle elevate aspettative commerciali.
Nel corso di tre anni, trascorsi in tour in tutto il mondo, hanno composto le undici tracce di Takk…, presentando in anteprima alcune di esse durante i loro concerti, spesso in versioni non definitive.
Le tracce dell’album Takk…
Dopo la coinvolgente title-track, che si presenta come una perfetta apertura in stile Sigur Ròs, entriamo immediatamente nel primo singolo estratto da Takk…: si tratta di Glosoli. Questa canzone racconta la storia di un bambino che si sveglia nell’oscurità e, spaventato dalla improvvisa scomparsa del sole, intraprende un viaggio alla sua ricerca; lo ritrova nel cielo, il suo luogo originario. Questa traccia rappresenta probabilmente il collegamento più forte con i lavori precedenti del gruppo: il tipico pathos che induce sentimenti di smarrimento e disperazione, dipingendo paesaggi invernali dall’atmosfera magica e incantata, per poi guidarci verso la speranza, un sentimento potente che permea l’intero album.
Ad attirare la nostra attenzione arriva Hoppìpolla, una filastrocca tanto semplice quanto geniale nella sua carica emotiva, accompagnata da apertura orchestrali ariose. Il delicato coro di Med Blodnasìr richiama in certi versi l’atmosfera di Agaetis Byrjun, mentre Sè Lest si distingue come la traccia più marcatamente folk dell’intero lavoro, concludendosi con un eccellente intervento di strumenti a fiato. Saeglòpur si presenta come una composizione romanticissima che, attraverso il suo lento crescendo, ci trasporta in immobili paesaggi nordici, per poi dissolversi nel finale, seguendo il tono della precedente traccia. L’introduzione al pianoforte è probabilmente la più riuscita dell’intero album. Milanò risulta forse un po’ prolissa, ma non per questo monotona: questa volta siamo avvolti da una sensazione profondamente romantica, grazie al cantato intimo di Birgisson.
Gong, già eseguita in diverse esibizioni dal vivo, emerge come la traccia più diretta e ritmata, potendo tranquillamente trovare posto nel primo lavoro della band. Andvari costituisce un altro magnifico episodio: eterea, pacata e intima, dominata dagli archi, funge da preludio insieme a Svohljòtt per la conclusiva Heysatàn, una vera e propria ninnananna dolcissima ed emozionante. Heysatàn sembra rappresentare l’unico momento di tranquillità. Il cantato profondamente struggente ci coinvolge e ci conduce verso un finale dilatato che ci lascia sospesi, a bocca aperta.
In sintesi, Takk… può essere considerato la sintesi del percorso musicale intrapreso dai Sigur Ròs fin dai loro primi passi, mirando a suscitare emozioni sempre nuove nell’ascoltatore.
La musica dei Sigur Ròs, ancora una volta, riesce a toccare corde profonde dell’anima, come dichiarato dallo stesso Jònsi.